Aprile 2004, mi chiama la redazione di “D” Repubblica delle Donne per propormi di andare in Kenya, con l’inviata esteri di Repubblica Renata Pisu, ad incontrare Alex Zanotelli nello slum di Gorogocho, a Nairobi. Alex Zanotelli è un prete comboniano che in contrasto con la Curia romana e il governo italiano per avere denunciato un traffico d’armi al largo delle coste somale, decise di andare a fare apostolato in uno degli slams più duri della capitale keniota.
Arriviamo una mattina con Renata Pisu a ridosso di un’immensa discarica a cielo aperto e una baraccopoli popolata da diecimila disperati, ammassati in baracche di fango e legno, senza servizi di nessun genere, strade sterrate piene di buche colme di acqua che i bambini usavano per i loro giochi.
Abbiamo trascorso una settimana nella baracca dove dormiva Zanotelli, una baracca di lamiera e mattoni, infuocata di giorno e fredda di notte, con la compagnia dei topi che scorazzavano sul tetto per buona parte della notte.
Ho vissuto giornate con lui, lo accompagnavo di sera quando somministrava l’estrema unzione a malati terminali o dirigeva la raccolta dei rifiuti nella discarica.
Una mattina esco dalla porta della sua baracca e vedo una ragazza seduta sotto una grande croce. Aveva il viso rigato di lacrime, un pianto muto e disperato. Mi avvicino, le prendo una mano e le faccio un sorriso nella speranza di regalarle una improbabile consolazione. Un aiutante di Zanotelli mi passa vicino e mi dice di lasciarla fare, perché lo fa spesso… è sempre ubriaca, si droga e fa la prostituta alla periferia di Nairobi. E’ giovanissima, non avrà vent’anni, quasi senza denti…e con uno sguardo immobile, perso in chissà quale suo mondo. Mi guarda senza vedermi e le lacrime le rigano il volto. Capisco che non posso fare niente per lei, le faccio un paio di scatti, poi mi alzo e seguito il mio giro in cerca di immagini significative. Erano le nove di mattina e sei ore dopo l’hanno trovato suicida nel piccolo fiume a fianco della discarica.
Povera anima, povera vita.