Il 20 luglio 1974 la Turchia invase Cipro come risposta al colpo di stato militare cipriota che, cinque giorni prima, aveva deposto il presidente Makarios, mettendo in crisi gli equilibri tra Regno Unito, Grecia e Turchia faticosamente raggiunti nel 1960 con il trattato di Zurigo. La Grecia la giudicò un’invasione, la Turchia un’operazione di pace a Cipro.
In questo scenario, un gran numero di greco-cipriota si trovarono trasformati in rifugiati nella loro stessa patria. Quasi 200.000 persone furono costrette ad abbandonare le loro case dall’esercito turco e molti di loro sparirono nelle prigioni turche. Da allora non sono più tornati alle loro famiglie.
La capitale dell’isola, Nicosia, è divisa da un muro che separa la parte greca da quella turca con cavalli di frisia e filo spinato. Il solo muro ancora esistente in Europa dopo l’abbattimento di quello a Berlino. Ogni tanto sul muro di cemento si aprono degli oblò e la gente guarda al di là, nella buffer zone, oltre la quale sventola la bandiera turca.
La storia dei “desaparecidos” di Cipro, sconosciuta ai più,è una delle pagine più tristi della storia europea dell’ultimo mezzo secolo. Interi villaggi e piccole comunità sono state colpite a freddo dai guerriglieri di una o dell’altra etnia e poi seppelliti infosse comuni. I massacri di Maratha, Santalaris e Aloda non hanno avuto, presso l’opinione pubblica, la visibilità di Srebrenica ma la ferocia assunse le stesse modalità. La ferita non è mai rimarginata e gli avvenimenti di quel tempo sono ancora oggi un
deterrente alla riconciliazione dei due paesi. Ogni anno, il 20 luglio, tutti i parenti dei desaparecidos si radunano in un punto preciso di Nicosia, il Ledra check point, che delimita il confine tra i greco-ciprioti e i turchi. Affollano la piazzetta portando con se grandi cartelli con le fotografia dei loro congiunti, spariti e mai tornati. Urlano i loro nomi e inveiscono contro gli invasori che non hanno mai restituito i corpi alle famiglie che li reclamano per dare loro una sepoltura. Ledra check point e Plaza de Mayo a Buonos Aires…due luoghi divisi da 12.000 chilometri ma uniti dallo stesso dolore e dalla stessa tragedia.